All’origine del progetto
L’idea all’origine di “Antefatto” nasce sostanzialmente da una curiosità personale relativa ad alcuni retroscena sull’opera più controversa di Pasolini. È risaputo, infatti, che durante le ultime fasi di lavorazione di “Salò” alcune bobine furono trafugate dagli studi della Technicolor; materiale che certamente includeva riprese della parte finale sulle torture, considerato che poi, nel montaggio definitivo del film Pasolini dovette ricorrere all’utilizzo di doppioni delle stesse scene, solamente girate da un’inquadratura diversa.
Ma la scintilla che ha successivamente portato a uno sviluppo concreto del progetto, è scattata dal polarizzante fotogramma (circolante ormai da anni in rete) di una scena inesistente nella versione ufficiale di “Salò”, che ritrae una ragazza bloccata su una rudimentale sedia elettrica piazzata in un area del cortile dove, sulla destra dell’immagine, è possibile scorgere la figura del ‘Duca’ (interpretato dall’attore Paolo Bonacelli), l’unico dei quattro carnefici che nel film non viene mostrato compiere le sevizie sulle proprie vittime. Le informazioni raccolte in seguito hanno portato alla scoperta dell’autore della foto, Fabian Cevallos, il fotografo che Pasolini chiamò sul set nelle ultime due settimane di riprese per immortalare gran parte delle torture. Da questa sua ‘testimonianza fotografica’, pubblicata nel libro “Salo: mistero, crudelta e follia” e dall’importante materiale d’archivio dell’altra fotografa di scena Deborah Beer, ci si può fare un’idea del lavoro enorme che Pasolini aveva messo in scena rispetto a quanto emerge poi nel film ufficiale dove, è importante sottolinearlo, manca totalmente una quarta sessione di torture che vede, per l’appunto, Bonacelli all’esecuzione.
Oltre a questo, è rilevante citare anche l’anteprima parigina del film, avvenuta postuma alla morte di Pasolini, il 22 novembre del 1975, che stando ad alcune indiscrezioni giornalistiche comprendeva almeno un’altra scena, che faceva parte della terza sessione di torture ma che non è mai stata reintegrata nella versione ufficiale.

Sviluppo del progetto
Le curiosità e i retroscena appena descritti, quindi, istituiscono la base per il concepimento di “Antefatto”; essi sono la colonna portante sulla quale è poi stata sviluppata una narrazione di pura fantasia, dai tempi sospesi e dai risvolti onirici; uno stile corredato da tematiche e suggestioni filmiche ormai radicate, che da sempre configurano il mio percorso artistico.
La decisione di ‘riportare in vita’ cinque delle vittime di “Salò” (lascio individuare allo spettatore attento, i riferimenti) per sospenderle all’interno di uno scenario pittoresco e irreale nacque quasi tre anni fa, ma il progetto fu poi interrotto a causa della pandemia.
L’opportunità di realizzarlo si è ripresentata questa estate e, grazie ad un magnifico team di collaborazione, è stato finalmente possibile traslare i prescelti personaggi da un inferno senza via di scampo come quello rappresentato nel film di Pasolini, a una nuova e duplice dimensione (il castello – la pianura deserta) che, fondamentalmente, ne sovverte uno dei concetti principali (il potere dominante), aprendo così la strada verso un possibile affrancamento delle vittime.
La crudeltà è a sua volta riprodotta, certo, ma nel mosaico di “Antefatto” essa figura come il tassello di un falso ricordo; la visione strettamente onirica di un evento (il fatto) che nell’opera pasoliniana rappresentava invece il reale. E al contempo, l’aspirazione è stata quella di ‘animare’ parte di quel reale attraverso una ricostruzione in movimento dei suoi attimi mancanti; istantanee suggestive, che finora erano congelate solamente nell’immaginario collettivo di una cerchia di appassionati.
Il segmento centrale del cortometraggio rappresenta, quindi, ‘il fatto’.
Ma trattandosi del sogno (probabilmente premonitore, a libera lettura dello spettatore) di un avvenimento che non si è ancora compiuto, automaticamente già si sveste del suo significato costrittivo.
Oltremodo, la percezione di un possibile riscatto dei giovani dalle vessazioni del potere, si rafforza nell’epilogo sospeso (l’antefatto del titolo) che li vede muoversi finalmente liberi all’interno di un ambiente desertico, fino all’incontro con il loro presunto carnefice. Di conseguenza, questo segmento conclusivo del film diviene l’unico possibile scenario del reale, sostituendosi, ‘di fatto’, alla cruda rappresentazione che sigillava l’opera di Pasolini.
